Integrazione tra tecnica e relazione: l’approccio PIIEC
LA VIA DELL’INTEGRAZIONE
Il panorama attuale delle forme di psicoterapia è assai ampio. A partire da quelle che, nella storia della psicoterapia, vennero indicate come le “tre vie della psicoterapia” (dalla prima modalità strutturata, quella psicoanalitica, alla comportamentista, a quella umanistica), progressivamente si sono affermate nuove tecniche più o meno originali.
Poiché ciascuna nuova tecnica, caratterizzata da differenti modalità operative e di setting e da specifiche derivazioni culturali, rivendica una presunta preminenza di validità nei confronti delle altre, oltre che una propria specificità di applicazione nelle varie forme di disturbi e di psicopatologie, sono sorte diverse difficoltà in merito alla loro affidabilità.
La proposta di ricorrere a possibili integrazioni tra aspetti diversi di differenti tecniche psicoterapeutiche con lo scopo di “…superare due estremi: da un lato l’esclusività teorica e tecnica, dall’altro un certo eclettismo inconsapevole”( Mundo 2006; 2009) è stata individuata come una potenziale risposta a tali problematiche.
L’integrazione ha lo scopo “di sintetizzare il sapere che deriva dai diversi orientamenti della psicoterapia e di fornire basi in qualche modo comuni e comunicabili tra terapeuti di diversa formazione” (Migone, 1998).
Negli anni Settanta in USA nacque così il “Movimento per l’integrazione delle psicoterapie”, con il fine di raggiungere, attraverso l’integrazione di diverse tecniche, molteplici vantaggi quali “… (la) chiarezza: attraverso l’individuazione di fattori comuni e di un linguaggio condiviso, per i molti concetti e strategie tendenzialmente sovrapponibili; migliori outcome del trattamento, garantiti dalla identificazione dei presupposti teorici e delle strategie più efficaci; una cornice di riferimento
all’interno della quale nuove idee possano continuare ad evolvere ma, allo stesso tempo, essere modulate da un continuo contatto con altre idee in evoluzione e con i processi di base che definiscono la terapia” (Beitman, 1983).
Nonostante tale movimento non abbia incontrato una particolare fortuna, tuttavia l’idea della potenzialità insita nell’integrazione tra tecniche diverse ma tra loro compatibili è andata progressivamente estendendosi ed ha trovato, sia nella letteratura internazionale sia in quella italiana, una particolare evidenza a partire dagli anni Novanta; all’origine l’esigenza di creare un “saper fare” o un “saper curare” comune, o quanto meno trasversale, a tutti gli orientamenti (Giusti, Montanari, Montanarella, 1995; Giusti, 1997).
Alla base di questa esigenza vi è l’osservazione che la maggior parte del cambiamento che si verifica nel paziente in cura dipende da fattori diversi da quelli connessi alla specifica tecnica utilizzata, per cui nel lavoro psicologico con il paziente, ciascun terapeuta, al di là del proprio orientamento formativo o della cornice teorica di riferimento cui si sente legato per ragioni personali o culturali, utilizza spesso (talora inconsapevolmente) interventi attinti da modelli diversi. Questo anche con lo stesso paziente, in momenti diversi del trattamento (Mundo, 2006; 2009).
Piero Parietti Medico Psichiatra, Psicoterapeuta; Presidente della Società Italiana di Medicina Psicosomatica; Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Orientamento Psicosomatico di Milano; Socio Fondatore dell’Istituto Italiano di Ipnosi Clinica e Psicoterapia H. Bernheim di Verona. Direttore scientifico del Centro Studi PIIEC Milano-Parma-Viladossola (VB). E-mail: p.parietti@piiec.it
Elisa Faretta Psicologa, Psicoterapeuta; Supervisore e Facilitator EMDR, Membro del Direttivo della Associazione EMDR Italia; Responsabile Centro Studi PIIEC Milano – Parma Villadossaola (Verbania); Didatta della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Orientamento Psicosomatico di Milano. Membro del Direttivo della SIMP, con funzione di Coordinatrice delle attività e Responsabile dell’area Psicoterapie Integrate e Psicotraumatologia. E-mail: e.faretta@piiec.it