Il disturbo d’ansia
“L’uccello che sia stato invischiato in un cespuglio tende a dubitare, con ali tremanti, di ogni altro cespuglio che veda”
Shakespeare nel suo Enrico IV
L’ansia è una reazione universale, uno stato di tensione emotiva che si attiva in modo naturale e automatico e rappresenta una reazione fisiologica dell’organismo utile a segnalare la necessità di mobilitare risorse interne e motivare all’azione. Infatti l’identificazione da parte del cervello di un determinato pericolo dà avvio, ancor prima di qualsiasi azione, a cambiamenti fisiologici che consentono al corpo di concentrare tutti i suoi sforzi per prepararsi ad attaccare od a fuggire.
In ambito evoluzionistico ha un significato adattivo per la nostra specie, in quanto utile a prevenire i pericoli legati alla sopravvivenza. E’ infatti grazie a questa attivazione che la specie umana è stata in grado di reagire prontamente ai pericoli che un tempo erano più concreti come le aggressioni da parte di animali feroci oppure il fuoco. Nella società moderna le fonti di ansia sono sicuramente diverse da quelle del passato ma i meccanismi fisiologici che si attivano sono gli stessi per cui si può vivere uno stato di tensione emotiva quando si è preoccupati per esempio delle conseguenze di non riuscire a superare un esame oppure per la paura di fare una brutta figura.
Entro una certa soglia l’ansia è considerata funzionale (adattiva), utile perché attiva il soggetto verso un’azione; essa è infatti una forza energizzante del comportamento che mobilitando energie psichiche positive consente di ottenere migliori performance in caso di attività che richiedano impegno, concentrazione e attenzione, come nel caso, per esempio, di un colloquio di lavoro o di un esame da sostenere. Chi infatti risultasse totalmente rilassato durante un esame o un incontro sportivo o una discussione importante non sarebbe in grado di dare il meglio di sé.
In altri termini, in questo caso, la reazione all’ansia comporterà:
– l’aumento delle capacità individuali di affrontare gli eventi,
– la riorganizzazione dei dati del problema alla ricerca di soluzioni differenti e nuove all’impasse esistenziale
Quando però i livelli di tensione divengono eccessivi la normale attivazione dell’organismo viene meno e l’ansia spesso diventa disfunzionale (disadattiva) ed ingestibile. Può manifestarsi con sintomi come tremore, sudore, palpitazioni, incremento del ritmo cardiaco, sensazione di intorpidimento o di formicolio, sensazioni di soffocamento, di nausea o di fastidio all’addome, tensioni e dolori muscolari, vertigini, paura di perdere il controllo e paura di morire, difficoltà nella concentrazione e nell’addormentarsi, incapacità di rilassarsi, irritabilità, perdita di interesse nei confronti dell’ambiente, agitazione, tendenza ad arrossire in pubblico, un ripiegamento assorto e preoccupato su se stessi che impedisce una soluzione efficace e vantaggiosa dei problemi reali.
Il tutto, nel contesto di un dubbio non risolto:
– sulla natura della minaccia e delle probabilità del suo effettivo avverarsi;
– sui mezzi migliori per eliminare il male o ridurlo, sulla capacità soggettiva di far uso di tali mezzi qualora l’emergenza si realizzasse.
L’ansia è considerata disfunzionale quando compare in assenza di uno stimolo reale e risulta ingestibile per la persona che la vive, oppure quando il livello di ansia è sproporzionato rispetto al rischio e alla gravità del possibile pericolo e se permane anche quando non esiste più un pericolo oggettivo.
L’ansia disfunzionale compromette le relazioni con l’ambiente e ostacola l’adattamento compromettendo il benessere dell’individuo.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV) cui fa riferimento il Ministero della Salute suddivide i disturbi d’ansia in sei categorie principali : il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, disturbo post-traumatico da stress ed il disturbo acuto da stress.