Perdita del lavoro: quando le risorse personali non bastano. Il contributo dell’approccio EMDR.
Dott.ssa Elisa Faretta[i], Dott.ssa Tiziana Agazzi[ii], Dott.ssa Valentina Zambon[iii]
Essere licenziati o costretti a chiudere la propria azienda a causa della crisi, può essere vissuto come evento critico “traumatico”, destabilizzante che potrebbe portare allo sviluppo di un Disturbo dell’Adattamento o quello che, recentemente, in America è stato definito come un “ongoing traumatic stress disorder” (disturbo da stress traumatico perpetuo, che continua senza interruzione).
Secondo alcune stime recenti il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 9,8% nel marzo 2012 fino ad arrivare al 10,8% di settembre e per un totale di 2,8 milioni di disoccupati rilevati nel mese di ottobre: un valore decisamente elevato (un record assoluto dal 2004 ad oggi), in continuo aumento e che colpisce oltre una persona su tre che sia in età lavorativa. In un mese sono andati persi 62 mila posti di lavoro (e secondo l’Istituto di statistica, il calo riguarda quasi esclusivamente la componente maschile), su base annua si arriva a 554 mila unità (www.corriere.it, 31/10/2012).
Dal punto di vista psicologico questo comprende un processo complesso di reazioni emotive e cognitive. La prime sensazioni che si possono provare sono la perdita della capacità di controllo, senso di impotenza, frustrazione e disadattamento.
Sono state individuate, in particolare, tre fasi per descrivere la disoccupazione:
1. Un primo periodo di rifiuto della nuova realtà, immediatamente successivo all’evento negativo. Il pensiero predominante è: “In un modo o nell’altro ne verrò fuori”.
2. Un periodo di pessimismo, quando risulta infruttuosa la ricerca di un nuovo lavoro, nonostante i numerosi tentativi e caratterizzata da un pensiero del tipo: “Credo che non ne verrò mai fuori”.
3. La rassegnazione ed il ripiegamento su se stessi, quando si diventa “un disoccupato cronico” e identificabile con: “Sono spacciato, non ne verrò mai fuori”.
In questa situazione si può vivere un senso di fallimento, la convinzione di aver sbagliato qualcosa e di non essere in grado di andare avanti. A tutto questo si può aggiungere il sentimento di colpa e di vergogna dovuti all’incapacità di provvedere a se stessi e a coloro che dipendono dalla persona stessa (figli, compagno/a, genitori).
La perdita del lavoro come fallimento
La notizia della perdita del lavoro va a costituire un evento critico altamente destabilizzante da un punto di vista emotivo. L’individuo comincia a pensare di non essere una persona “capace” o di “valore”. Il senso di possedere un ruolo nella società, di meritarsi il rispetto degli altri, la capacità di sostenere se stessi e la propria famiglia vengono compromessi. La persona tende a costruire una rappresentazione di sé basata su ruoli che sente propri e, in base a questi, sviluppa la sicurezza che gli permette di sentirsi parte attiva della società. È chiaro quindi come una delle conseguenze psicologiche a cui va incontro chi perde il lavoro riguardi la minaccia alla propria identità data dalla rottura di un equilibrio che si era costruito intorno al lavoro.
La persona non è più quello che credeva di essere (“Io sono quello che faccio”), non è più parte di una categoria “qualificante”: non è più impiegato, operaio, tecnico, professionista, ecc.. L’immagine di sé improvvisamente cambia dal ruolo attivo del lavoratore al ruolo di “perdente”. Gli effetti della disoccupazione e della perdita di lavoro si ripercuotono inevitabilmente sul benessere psicologico, andando ad incidere anche sull’autoefficacia e sull’autostima, unitamente alla tendenza al rifiuto e alla negazione di ciò che è accaduto (“Non è possibile…”, “Non è vero…non a me”) fino all’adozione di comportamenti a rischio. In particolare alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra disoccupazione e aumento del consumo di tabacco. Sembra infatti che questo cambiamento di vita provochi alti livelli di stress e il fumo diventi una sorta di modalità di adattamento (coping) per fronteggiare l’attuale situazione, data anche dagli effetti della nicotina quale ansiolitico. Inoltre vi è un aumento anche nell’abuso di alcol, nell’uso di medicinali antidepressivi e nella dipendenza da internet e aumento del gioco d’azzardo (gambling).
LA PERDITA DEL LAVORO QUALE EVENTO TRAUMATICO
Quando si parla di trauma psichico ci si riferisce ad un’esperienza di sopraffazione di una persona da parte di uno stimolo eccessivo e straordinario che la rende priva di difese e incapace di reagire. Le persone vittime di un trauma vivono un’esperienza improvvisa, travolgente e spesso incomprensibile nei suoi effetti e nelle sue conseguenze che stravolge le normali risorse di coping.
I traumi si dividono in due tipologie: traumi “T” (con la T maiuscola) e “t” (con la t minuscola). Un trauma psicologico con la T maiuscola è il risultato di un evento singolo, ben riconoscibile e ben delineato nel tempo; un trauma psicologico con la t minuscola è, al contrario, il risultato di una serie di eventi disturbanti ognuno dei quali, di per sé, non causa la percezione di una minaccia alla vita del soggetto.
Secondo Siegel (2001), alti livelli di stress legati ad un evento emotivamente forte possono provocare un blocco delle funzioni mnemoniche. Vengono inoltre sperimentate automaticamente quelle sensazioni (flashbacks, incubi, ricordi invadenti) che portano l’individuo a stare lontano da cose, luoghi e situazioni che possano ricordare l’evento. A lungo andare tutti questi aspetti possono generalizzarsi e condurre alla comparsa di sintomi ansiosi, depressivi fino allo sviluppo di un possibile disturbo post-traumatico da stress, la cui sintomatologia è rappresentata da sintomi:
– Intrusivi (ricordi ripetuti e disturbanti del trauma, sogni e incubi ricorrenti con conseguente insonnia, flashback)
– di Evitamento (evitare di parlare o pensare al trauma, evitamento di luoghi, persone o situazioni che ricordino l’evento, associate a reazioni di ottundimento in cui la persona vive una situazione di appiattimento affettivo in cui spesso si sente insensibile)
– di Iperarousal (difficoltà ad addormentarsi e insonnia, irritabilità o scoppi d’ira, difficoltà di concentrazione e memoria, stato di allerta e preoccupazioni eccessive per la sicurezza propria e altrui, risposte di eccessivo allarme e reazioni fisiche in risposta a situazioni che ricordano il trauma)
Sensi di colpa, vergogna e autobiasimo
In situazioni traumatiche, come in questo caso la perdita del lavoro, capita molto spesso che chi ha vissuto, direttamente o indirettamente l’evento possa sperimentare vergogna e autobiasimo (‘Non ho un lavoro quindi sono un fallito’ è uno dei pensieri tipici della persona che perde il lavoro) fino a sentimenti di colpa. C’è la tendenza a pensare a tutte quelle situazioni che hanno portato all’evento scatenante, alle cose dette, fatte o alle decisioni prese in una sorta di rimuginio senza fine. Emergono così rimpianti, sensi di colpa per alcuni comportamenti erronei che, se non fossero accaduti o fossero stati controllati, probabilmente non avrebbero portato all’evento. La persona si convince quindi di essere responsabile dell’accaduto e che sia tutta colpa sua con conseguente perdita della stima di sé e riduzione dell’autoefficacia.
Disturbo da Stress Traumatico Continuo o Disturbo Post-Traumatico da Amarezza? Questo è il problema!
Il National Institute of Mental Health (NIMH, U.S.A.) riferisce che “le persone possono sviluppare un PTSD in reazione ad eventi che non sono qualificabili come traumatici (in quanto non è presente una minaccia di morte) ma che possono costituire un evento di vita devastante (ad esempio, un divorzio o la perdita del lavoro/disoccupazione) a partire da situazioni stressanti mantenute vive da alcuni stimoli attivatori che si possono protrarre nel tempo. Per questo motivo quando si parla delle conseguenze della disoccupazione non si parla in genere di un Disturbo da Stress Post-Traumatico, bensì di un “Ongoing stress traumatic disorder”, ovvero di un Disturbo da Stress Traumatico Continuo (che continua senza interruzione). Questa situazione è ancora molto attuale poiché, oltre alla presenza di una situazione economica decisamente disastrosa, si è incalzati dalle notizie dei mass media che ritraggono una realtà precaria che non sembra riuscire a risollevarsi con conseguenze devastanti nelle persone.
Negli ultimi anni tuttavia si è incominciato a parlare anche di “Disturbo Post-Traumatico da Amarezza” come conseguenza psicologica ad un evento negativo relativamente “comune” (ad esempio la perdita del lavoro; Linden, 2003).
A questo punto ci possiamo chiedere se tutti possono andare incontro a un disturbo conseguente alla perdita del lavoro. Dipende! Alla base del modo in cui riusciamo a valutare e gestire le fonti di stress ci sono due elementi: la vulnerabilità, ossia la sensibilità verso lo stress, e la resilienza, una sorta di resistenza psicologica. Quest’ultima attitudine si serve di una serie di risorse che facilitano il superamento dei fattori si stress.
La resilienza
Ogni persona reagisce alle situazioni in maniera differente e questo è possibile anche in situazioni traumatiche. Una stessa situazione di impatto emotivo elevato può essere vissuta in maniera diversa da due persone coinvolte in egual misura nella circostanza.
Ciò che viene percepito come minaccia da una persona, può non esserlo per un’altra. È la percezione soggettiva dell’evento che può rendere un fenomeno traumatico. Lo sviluppo di un disturbo post-traumatico come il disturbo dell’Adattamento non è collegato alla gravità dell’evento ma alle caratteristiche di personalità di chi l’evento lo vive e delle modalità di affrontarlo.
è il trauma non è nell’evento, ma nella persona, ovvero nella sua capacità di far fronte alle situazioni (coping).
Il termine resilienza si può tradurre con “forza psicologica interiore” oppure con “forza d’animo” (Oliverio Ferraris, 2009). Alcune persone, dopo aver subito stress, traumi e difficoltà, si sono sentite, sempre più forti, sicure ed in grado di reagire agli eventi, rafforzando la propria resilienza. Non sempre quindi trauma e stress conducono al disagio psicologico ed al malessere interiore; non necessariamente si diventa più aggressivi, più insensibili, più chiusi in se stessi ed incapaci di amare. Esiste quindi la capacità di proteggere la propria integrità psicologica, il proprio equilibrio affettivo anche in presenza di forti fattori di forte tensione, nervosismo o dopo aver subito un trauma psicologico.
L’azione della resilienza può, inoltre, essere paragonata a quella del sistema immunitario. La resilienza è infatti per la psiche paragonabile a ciò che il sistema immunitario rappresenta per il corpo. Psiche e corpo sono fortemente intrecciati e connessi, motivo per cui esiste una stretta correlazione tra la resilienza psicologica ed il buon funzionamento del sistema immunitario e che permette loro di potenziarsi o deprimersi vicendevolmente. Per aumentare la resilienza è necessario fronteggiare lo stress con le funzioni cognitive della mente, come la razionalità, la capacità di analisi, la riflessione; anche parlare con i propri familiari, i colleghi e gli amici può aiutare a rielaborare quanto è accaduto, favorendo “il senso e il significato” dell’ evento traumatico.
Come superare il trauma?
Premesso che la causa dello stress non è semplicemente l’evento in sé, ma le conseguenze che ha determinato, un percorso efficace si basa su:
- La consapevolezza di ciò che è accaduto.
- · Il rispetto, nel giudizio di pensieri e comportamenti altrui, della storia personale e dei valori di questi ultimi
- · Il riconoscimento e il rafforzamento delle proprie risorse personali, fare attività fisica, meditazione, tecniche di rilassamento
- · La risoluzione di traumi del presente e del passato.
L’approccio terapeutico maggiormente riconosciuto in termini di efficacia per la risoluzione dei traumi del presente e del passato è l’approccio EMDR, attraverso il quale si aiutano i pazienti a modificare le valutazioni cognitive negative su di sé, a rielaborare le emozioni disfunzionali collegate agli eventi critici come la perdita del lavoro. Inoltre, seguendo il modello “passato-presente-futuro” si permette l’elaborazione dei ricordi collegati ai momenti più stressanti della perdita del lavoro, delle situazioni nel presente che possono riattivare le sensazioni (trauma) legate a quei momenti ed infine preparare la persona ad affrontare le situazioni future in maniera più adattiva e positiva.
Installazione delle risorse nel trauma da perdita di lavoro con il metodo EMDR
Una delle finalità dell’installazione delle risorse è utilizzare materiale positivo già disponibile nell’esperienza del paziente. Questa tecnica si fonda sulla capacità della mente di immagazzinare esperienze positive, nelle quali ci siamo sentiti capaci, apprezzati, in grado di reagire, e di farle riemergere per contrastare gli stati emotivi negativi. L’accesso ai ricordi positivi, è da preferirsi rispetto a tecniche immaginative proiettate a scenari futuri: queste memorie andranno a costituire una risorsa positiva in quanto fanno parte di un’esperienza vissuta dal paziente e tangibile delle proprie capacità. È importante quindi indagare insieme al paziente quali sono le sue abilità sulla base delle esperienze di vita personali precedenti. Spesso infatti le persone hanno bisogno di partire da una base sicura per riuscire ad affrontare l’elaborazione di eventi ad elevato impatto emotivo. Potenziare le aree di forza della persona ha quindi come finalità quella di metterla in sicurezza aumentando la consapevolezza che “ce la può fare”. Da questo punto di vista, lo stesso esercizio del luogo sicuro è una tecnica di installazione delle risorse a cui potrà accedere sia durante il trattamento con EMDR, sia in un secondo momento in occasione di situazioni particolarmente stressanti.
L’EMDR
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un trattamento psicoterapeutico integrato ideato da Francine Shapiro (1989) riconosciuto come trattamento d’elezione per il Disturbo da Stress Post-Traumatico. Il lavoro con EMDR viene attuato sul ricordo, si basa sul naturale sistema di elaborazione adattiva dell’informazione e si focalizza sul ricordo disturbante per riattivarne e completarne l’elaborazione che è stata precedentemente interrotta (Fernandez e Giovannozzi, 2012). Il tutto si svolge in una situazione di sicurezza rispetto al rischio di ritraumatizzazione. Le informazioni legate al trauma (emozioni, pensieri, sensazioni corporee) rimangono bloccate, frammentate e intrappolate in reti neurali scollegate dal resto, in una sorta di “congelamento” andando a costruire circuiti di memoria disfunzionali che impediscono alle nuove informazioni in arrivo di integrarsi. Questo immagazzinamento disfunzionale porta inoltre alla riattivazione involontaria di diversi aspetti dell’esperienza traumatica (attraverso incubi, pensieri intrusivi, flashback). Per questo motivo l’EMDR risulta essere un intervento terapeutico molto indicato e ad elevata efficacia, in grado di intervenire sia sulle esperienze traumatiche che sono alla base del problema attuale, sia sul rafforzamento delle risorse personali e delle capacità di coping, con il conseguente recupero di una prospettiva maggiormente adattiva, aspetto di particolare importanza per riattivare i ricordi di esperienze positive in cui il soggetto si è sentito efficace.
L’EMDR quindi può essere funzionale nel trauma da perdita del lavoro per:
- elaborare traumi significativi nella storia del paziente che possono aver contribuito allo sviluppo di schemi cognitivi o emotivi disfunzionali
- elaborare gli aspetti emblematici degli atteggiamenti delle figure di attaccamento (genitore rifiutante, apprensivo, giudicante, etc.)
- elaborare il ricordo legato alla perdita del lavoro
- preparare la persona ad affrontare eventuali situazioni ansiogene in ambito lavorativo.
BIBLIOGRAFIA
Faretta E.. (2012). EMDR e Terapia Cognitivo-Comportamentale nel trattamento del Disturbo di Panico: un confronto. Riv Psichiatr; 47 (2 Suppl. 1):
Faretta E. & Parietti P.. (2012). Benessere e sviluppo delle risorse personali. Tecniche dal Mal Essere al Ben Essere Consapevole. Ed. Alpes Italia, Roma
Fernandez I., Giovannozzi G.. (2012). EMDR ed elaborazione adattiva dell’Informazione. La psicoterapia come stimolazione dei processi psicologici autoriparativi. Suppl Riv Pisch; Vol.47 n°2, pp 4-7.
Oliverio Ferraris, A. (2004). La forza d’animo. Rizzoli Editore, Collana Bur, Psicologia e Società.
Shapiro, F. (1995). Eye Movement Desensitization and Reprocessing. Basic Principles, Protocols, and Procedures. New York: Guilford.
Shapiro, F. (2000). EMDR Ten Years After Its Introduction: A Review of Past and Future Directions, “EMDR… Forward from the future”, 8-10 settembre, Toronto
Siegel D.. (2001). La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale. Milano: Raffaello Cortina Editore.
[i] Psicologa, Psicoterapeuta, Responsabile Centro P.I.I.E.C di Milano., Supervisore Consultant EMDR Italia
[ii] Psicologa, Psicoterapeuta, Supervisore EMDR
[iii] Psicologa, Psicoterapeuta in Formazione